La prima classe di disturbi fobici è rappresentata da quella specifica paura patologica focalizzata su una singola realtà e questa può riguardare un animale, una situazione, una fantasia, un oggetto, lo sporco, fenomeni atmosferici etc. Spesso esistono fobie bizzarre: la nostra mente è così creativa che permette di far “esistere tante realtà quante se ne possono inventare”.
Era una giovane donna di venticinque anni, ed era seduta al bordo della sedia in sala d’attesa quando la chiamai per entrare in studio. Nel tentativo di calmarsi, si piegò coprendosi parzialmente il volto con le mani- restando assolutamente immobile ma vigile- verso la finestra aperta. Costantemente allertata a ciò che oltre la tapparella potesse succedere.
Una forma severa di zoofobia: ossia la paura irrefrenabile dei piccioni.
Anna Sofia narrò che per raggiungere lo studio aveva percorso la strada lentamente, arrancando, con le tasche piene di sassolini, tutte le vie secondarie impiegando più tempo del dovuto ma con un unico intento: non scorgere comunità di piccioni comodamente appollaiati nelle zone ombra del suo cammino.
La sua fobia era talmente severa che si auto-manteneva tutte le volte in cui:
- Parlava del problema. Anna Sofia tutte le volte che parlava del suo problema- in famiglia o con le amiche- aveva una sensazione imminente di sollievo ma poco dopo associava a quel suo “modo di sfogarsi” un perfetto metodo per confermare a se stessa quella specifica paura. E’ dimostrato che parlare continuamente di ciò che fa molta paura finisce per amplificarla notevolmente: più ne parlo più alimento.
- Evitava il problema. Seneca diceva “I mali che fuggi sono in te”. Per Anna Sofia l’evitamento o la fuga rappresentava la conferma della sua paura. Questa strategia messa in atto protesa a ridurre gli effetti della paura, era in realtà una micidiale trappola, poiché conduceva gradatamente la paziente ad incrementare gli evitamenti fino alla completa incapacità dell’autonomia personale.
- Chiedeva aiuto. Come nel caso di molte altre fobie, i tentativi fatti dalle persone vicine ad Anna Sofia per tranquillizzarla spesso erano controproducenti. In particolare, risultavano disfunzionali i tentativi di rassicurazione basati su spiegazioni logiche “non sono stati mai scoperti piccioni velenosi” o esempi ironici “neanche il tuo nipotino ha paura dei piccioni…” o frasi banali e leggere “ma è solo un piccione!”. Allo stesso modo il chiedere aiuto da parte di Anna Sofia rappresentava una condanna cara da scontare nel tempo. Tutte le volte che aveva paura e chiedeva aiuto confermava a se stessa la sua inettitudine.
Utilizzando la usuale strategia terapeutica idonea per tutti i casi di fobia di un animale o di un oggetto la terapia ha esordito con ciò che Sun Tzu – grande stratega militare della nostra storia- suggeriva: “Conosci il tuo nemico”.
Chiesi ad Anna Sofia di immaginarsi un’esperto etologo e di procurarsi tutta la letteratura possibile per avvicinarsi allo studio dei piccioni, cercando testi e fotografie. Nella seduta successiva la paziente riportò con fierezza tutta la sua cultura sui piccioni, illustrandomi il suo sapere con aria compiaciuta e incuriosita da ciò che aveva scoperto. Al termine dell’incontro le prescrissi di continuare ad immaginarsi un etologo noto e molto stimato e di misurare effettivamente a quale distanza da un piccione iniziava a sentire la paura, “si rechi nelle piazze della sua città e si avvicini fino al limite nel quale comincia a sentire la paura, a quel punto si fermi”. Misurare il suo limite tutti i giorni. L’ultimo compito fu quello della prescrizione del rituale della mezz’ora di peggiore fantasia giornaliera.
Come avviene nella maggioranza dei casi, nell’arco della dieci sedute, anche la simpatica paziente così terrorizzata da piccioni giunse al completo superamento della sua paura. La prova concreta di tutto il percorso fu che Anna Sofia mi portò al nostro ultimo incontro l’iscrizione alla facoltà di Scienze Naturali della sua città e salutandomi con un caloroso abbraccio mi sussurrò all’orecchio “avere paura degli uccelli fa parte del nostro bagaglio di paure… ma per alcuni può essere vissuto come un forte limite- per me e Hitchcock- un capolavoro che lascerà il segno !”